Negli ultimi anni, il panorama sanitario ha subito una trasformazione radicale grazie alla rapida evoluzione della medicina digitale. Questa innovazione non solo ha risposto in modo efficace a una delle sfide più complesse del settore, ovvero abbattere le distanze fisiche tra medico e paziente. Ha anche contribuito a un cambiamento di paradigma fondamentale: mettere la persona, e non solo la patologia, al centro del sistema sanitario.
La medicina digitale 2.0 dimostra maggiore attenzione alla globalità del paziente, senza sradicarlo dalla sua vita quotidiana, ma nella sua interezza come individuo con specifiche esigenze fisiche, emotive e sociali. Un approccio olistico che non lede l’autorevolezza del medico, ma che si traduce in una cura più personalizzata, su misura. Si tiene conto del contesto di vita della persona e non solo della diagnosi clinica.
Il fattore Covid-19 sulla medicina digitale
Sebbene già prima del Covid-19, la telemedicina fosse disponibile per aumentare l’accessibilità alle cure, il suo impatto era ancora limitato. Soprattutto per la gestione di alcune patologie croniche o per pazienti residenti in aree remote. Le soluzioni di medicina digitale erano considerate inutili optional, mal viste sia dai medici, sia dai pazienti.
Con il dilagare della pandemia, la telemedicina è stata una delle prime soluzioni digitali a emergere, fornendo ai pazienti la possibilità di consultare i propri dottori a distanza tramite piattaforme online.
L’adozione della medicina digitale, per l’Organizzazione mondiale della sanità, faceva parte di una più ampia strategia di transizione verso una sanità globale più equa e accessibile. Si scontrava, però, con barriere strutturali, regolamentari e culturali. Il Global Strategy on Digital Health 2020-2025 dell’OMS¹, pubblicato poco prima della pandemia, già evidenziava la necessità di sfruttare la tecnologia per migliorare l’efficienza dei servizi sanitari e la loro equità. Tuttavia, l’integrazione su vasta scala della medicina digitale era rallentata da una combinazione di fattori, come:
- la mancanza di infrastrutture adeguate in molti Paesi;
- la scarsa familiarità dei professionisti sanitari con le nuove tecnologie;
- il timore di una riduzione della qualità del rapporto medico-paziente.
Pandemia come “catalizzatore” per l’adozione della telemedicina
«Se vogliamo che tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi», scriveva Tomasi di Lampedusa. Una riflessione che si adatta perfettamente all’evoluzione della medicina durante la pandemia di Covid-19. Il rapido cambiamento di contesto ha reso vitale una radicale trasformazione dell’attività medica. In pochi mesi, la telemedicina è passata da essere una soluzione marginale a strumento fondamentale per garantire la continuità assistenziale, accelerando l’adozione di strumenti tecnologici e l’accettazione culturale degli stessi.
L’OMS ha riconosciuto questo cambiamento come una pietra miliare nella trasformazione dei sistemi sanitari globali. In un recente rapporto, l’agenzia ha sottolineato come la pandemia abbia agito da “catalizzatore” per l’adozione della telemedicina, accelerando una transizione che, altrimenti, avrebbe richiesto anni per concretizzarsi. Secondo il WHO Global Health Observatory², la telemedicina non solo ha migliorato l’accessibilità alle cure in aree rurali o difficili da raggiungere. Ha anche ridefinito il concetto stesso di assistenza sanitaria, permettendo ai pazienti di ricevere cure nel proprio ambiente domestico, riducendo la necessità di spostamenti e migliorando l’aderenza terapeutica.
Medicina digitale e ambito riproduttivo: binomio vincente
Indubbiamente, la telemedicina ha avuto un impatto significativo nella gestione delle malattie croniche e per la medicina di base, dove si è ridotta la necessità di visite fisiche frequenti, ottimizzando l’uso delle risorse sanitarie. Lo stesso possiamo dire dell’ultra-specialistica medicina della riproduzione? La risposta è sì. Proprio in ambito riproduttivo, la medicina digitale ha dimostrato un enorme potenziale, garantendo continuità assistenziale “tailored”, cioè cucita addosso al nuovo corpo delle risorse digitali disponibili. Grazie all’integrazione di cartelle cliniche informatizzate e a piattaforme di comunicazione sicure, i pazienti e i medici possono condividere in modo rapido ed efficace le informazioni necessarie alla pianificazione dei trattamenti.
Questi strumenti determinano maggiore empowerment del paziente, che è in grado di accedere in tempo reale ai propri dati clinici, inclusi esami di laboratorio, immagini ecografiche, risultati degli interventi diagnostici e prescrizioni. Il tutto senza la necessità di continui spostamenti per consulti in presenza. La gestione delle terapie per la fertilità, che spesso richiedono un attento monitoraggio delle condizioni ormonali e fisiche, può essere agevolmente seguita grazie a notifiche personalizzate e a prova di stress.
Questione privacy, tra normativa e nuove tecnologie
Tutela della persona, in era digitale, significa anche tutela della sua privacy. Dati così sensibili, che riguardano la sfera intima e riproduttiva dei pazienti, devono essere gestiti con la massima sicurezza.
In questo contesto, le cartelle cliniche informatizzate utilizzate in medicina della riproduzione sono ospitate su server dedicati e protetti, garantendo la massima sicurezza dei dati personali e sanitari. Le informazioni cliniche sono accessibili solo attraverso connessioni criptate, con procedure rigorose di autenticazione, al fine di assicurare la completa riservatezza dei dati.
In Italia, nel 2021, la Legge 106 ha introdotto disposizioni per promuovere l’uso della telemedicina nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN), stabilendo principi chiari sulla gestione dei dati sanitari e sulla sicurezza informatica, per garantire che i servizi di telemedicina siano sicuri e rispettino le normative vigenti in materia di privacy.
L’uso crescente di dispositivi indossabili, come smartwatch e sensori biometrici, ha ulteriormente potenziato la capacità di monitorare a distanza la salute del singolo individuo. Questi dispositivi permettono di raccogliere dati in tempo reale e forniscono al medico una panoramica completa e continua della salute del soggetto, oltre ai sintomi che lo stesso è in grado di riferire. Anche grazie a questi strumenti, l’integrazione di intelligenza artificiale (IA) e big data sta determinando un ulteriore rapido cambiamento della medicina digitale in medicina predittiva e personalizzata.
Medicina digitale: tra presente e futuro
Il futuro di cui stiamo parlando deve davvero ancora arrivare o è già passato? Sicuramente, il meglio deve ancora venire. Serve, però, un cambiamento culturale globale. I medici e gli operatori devono formarsi non solo sulle nuove tecnologie, ma anche su un nuovo modo di vedere il paziente. La tecnologia diventa uno strumento per umanizzare ulteriormente la cura, non per distanziarla dalla persona. Dal canto loro, le istituzioni devono fornire non solo nuovi strumenti digitali per gli operatori sanitari, ma anche lavorare per rendere questi strumenti disponibili per le classi più deboli della popolazione. In fondo, se ci pensiamo bene, la storia della medicina è piena di geni audaci e curiosi che, a partire da piccoli cambiamenti, hanno trasformato l’ignoto della malattia in speranza di guarigione.
NOTE
¹ Global Strategy on Digital Health 2020-2025, World Health Organization, 2021
² Per approfondire: Consolidated telemedicine implementation guide, World Health Organization, 2022
AUTRICE
Annalisa Liprino
MD specialista in Ginecologia ed Ostetricia centro HERA-UMR Catania